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L’albero di Carnevale
L’albero quale simbolo cosmico, quale archetipo vitale, è un leit motiv che incontriamo presso moltissime civiltà, da Oriente ad Occidente, da Nord a Sud: dallo Yggdrasill dei popoli scandinavi all’Irminsul dei Sassoni, dall’abete degli Altaici alla betulla dei Siberiani, dall’ulivo dei Greci al fico sacro ai romani. “E’ nel bosco che ha avuto inizio tutto” ci ricorda Propp.
Dalle tundre scandinave alle sponde del Mediterraneo, ovunque vi fosse una forma di società si è andato sviluppando un culto arboreo. Culto che affonda le radici in una concezione animistica del mondo. “Gli antichi credevano che negli alberi albergasse lo spirito arboreo inteso come spirito della vegetazione, la cui influenza presiedeva alla rinascita della natura” osserva il Mannhardt.
Nell’immaginario collettivo arcaico gli alberi erano considerati alla stregua di esseri animati, in grado di rendere fecondi i campi, di far cadere la pioggia, di far risplendere il sole.
Quale simbolo cosmico per eccellenza, l’albero è protagonista di interessantissimi riti relativi al periodo di Carnevale. “Wilder Mann”, “Salvanél”, “Carnaval”, “Om selvarech” sono i tanti appellativi con cui, nell’arco alpino, si identifica il cosiddetto “Albero di Carnevale”. Retaggio di remotissimi culti agrari, esso viene ad incarnare lo spirito della vegetazione, nella delicata fase equinoziale. Rivestito di foglie e di rami di ciliegio, si crede che l’albero carnevalesco abbia un influsso propiziatorio e fertilizzante sulla natura che comincia a risvegliarsi.
Di particolare interesse è un rito che si svolge a Grauno, nel Trentino orientale. Prima del martedì grasso, è usanza tagliare il pino più grande del bosco e trasportarlo, con grosse funi, nella piazza del paese, dove va in scena il processo-farsa all’albero del Carnevale. Il martedì grasso il pino viene trasportato in processione su un’altura, il “doss del Carneval”, e dato alle fiamme dagli ultimi sposi dell’anno. Un particolare, questo, che sottolinea la natura propiziatoria di questo rito. Del resto, il legame tra matrimonio e culti agrari è sempre stato strettissimo. In particolare, il pino, essendo un sempreverde, incarna l’albero cosmico, l’albero-vita per eccellenza. Dalle fiamme del pino di Grauno i contadini traevano auspici per l’anno nuovo: se le scintille salivano verso il cielo il raccolto sarebbe stato scarso, se, invece, si tenevano basse l’annata sarebbe stata propizia. Fino a qualche anno fa, ad Arco (Tn), nell’ultimo giorno di Carnevale, era usanza accendere delle fascine di rami di alloro nei crocevia del paese, per scacciare i fantasmi e gli spiriti maligni. Intorno a questi falò, la gente era solita consumare del cibo, come quei “marillenknodel” che si credeva portassero fortuna. L’involucro di patate del knodel o canederlo custodisce una preziosa albicocca, ritenuta un simbolo solare.
Sono, questi, tutti rituali caratteristici dei periodi di “passaggio”, di transito astrale. Trasfigurazione del Caos primigenio, il Carnevale celebra il difficile passaggio dall’inverno alla primavera, dal letargo, dalla morte alla rinascita della Natura.
di Ivana Tanga
Fotografia a cura di Daniela Fran