tavole d'autore - storie d'arte e di cucina
L’uovo dischiude il tempo della rinascita
Dioniso, dio dell’estasi, della fertilità e del vino, riceve da una fanciulla un dolce, una torta circondata da uova colorate, che sembra una corona o la cima turrita di un castello. La ragazza, una baccante, gli porge anche un uovo con la mano sinistra. E’ una scena consueta su vasi greci raffiguranti feste nuziali, sacrificali o riti funerari. Alle divinità, alle spose o ai morti sono sempre offerte uova, sorta di lasciapassare per una vita futura, sia essa quella coniugale o l’aldilà.
L’uovo è infatti simbolo del seme primordiale dal quale nasce il mondo, grembo della vita e custodia dell’anima. Segno di totalità, perfetta unità, promessa di ritorno e salvazione.
Nella necropoli etrusca di Tarquinia, un uomo banchetta sul triclinio, nella mano sinistra ha un calice di vino, inebriante, che avvicina alla dimensione ultraterrena del divino, nell’altra un uovo che allude alla certezza della rinascita.
L’uovo è cibo antichissimo, già in uso presso gli egizi, ritenuto adatto alla colazione sia dai greci sia dai romani, o servito come entrée prima dei pasti. Col cristianesimo diviene, quale “contenitore della vita”, promessa di resurrezione e insegna del Cristo.
Il suo valore simbolico attraversa i secoli. Nel Trittico delle delizie, Hieronymus Bosch lo pone sulle sponde di una distesa d’acqua ad accogliere un’umanità nuda, emergente dai flutti, che in esso trova rifugio. Venditrici di uova compaiono a margine della Presentazione della Vergine al Tempio di Tiziano e ne L’adorazione dei pastori di de Zurbarán.
L’aspetto gastronomico ha un interprete d’eccellenza in Velázquez che, memore della lezione del verismo italiano, a vent’anni ritrae una scena quotidiana, popolana, nella Friggitrice di uova. Al centro di una oscura cucina, una donna frigge due uova in un tegame di terracotta, mentre un ragazzo le porge una bottiglia d’olio e, in primo piano, una cipolla e alcuni utensili di cucina completano il realismo della scena. Sempre appartenente al periodo sivigliano di Velázquez, il Cristo in casa di Marta e Maria, tela più complessa e dai significati molteplici, contiene un esplicito riferimento ad una tipica ricetta catalano-valenciana. Mentre il tema sacro e rinchiuso in un riquadro sulla destra del dipinto, la scena è occupata da due donne. La più giovane, intenta al mortaio, sta preparando una salsa con la quale accompagnare i pesci – dei dentici – al centro della natura morta che occupa il restante spazio. La salsa, l’”aioli”, è indicata dagli ingredienti disposti sulla tavola: alcuni spicchi d’aglio, una bottiglia d’olio, un peperoncino rosso, due uova.
Ognuno dei temi simbolici impliciti nel simbolo pasquale confluisce nell’opera di un altro grande pittore iberico, che nutriva una vera passione-ossessione per le implicanze erotico-cosmologiche del cibo, in particolare dell’uovo, Salvador Dalí.
Nel 1932, quando prende forma la sua “esplorazione sistematica dell’irrazionale”, compaiono due lavori, l’Oggetto surrealista indicatore della memoria istantanea e le Uova al tegame senza tegame, protagonista di entrambe l’uovo fritto. Il suo tuorlo come un sopito nucleo incandescente, corrispettivo ancestrale dei celebri orologi molli, è il cuore ed il deformarsi stesso dell’origine cosmico-uterina del tempo e della creazione. Radice, seme di vita e di bellezza che, dice Dalí, “sarà commestibile o non sarà affatto”.
Suggestione delle sensazioni della “vita prima della vita”, soggetto che ritorna in molti quadri tanto da ispirare un fotomontaggio di Philippe Halsman in cui il pittore compare nudo, in posizione fetale all’interno, appunto, di un uovo.
Ispirata alla Sacra conversazione di Piero della Francesca è invece la citazione del più famoso uovo della storia dell’arte, ripreso da Dalí nelle due versioni della Madonna di Port Lligat, del 1949 e del 1950. Centro simbolico e geometrico della composizione, l’uovo pendente dalla conchiglia sul capo della Madonna, riassume in sé tutti gli elementi allegorici, salvifici, di nascita e rinsacita, propri della sua ricca tradizione filosofico-metafisica.
di Roberto Carretta e Renato Viola
Roberto carretta è autore di La cucina delle Fiabe