poesie da bere
FRANÇOIS RABELAIS
Quello straordinario romanzo che è Gargantua e Pantagruele di François Rabelais (1493 ca professional essay writers – 1553) si conclude, dopo odissee varie in luoghi immaginari e soddisfazioni continue al ventre e al basso ventre (l’esaltazione di quello che il più importante critico rabelaisiano ha definito “basso corporeo”), con la visita di Pantagruele e Panurge all’oracolo della Divina Bottiglia.
E non poteva essere altrimenti la fine di un’opera che ogni volta che proponeva una dedica la riservava ai bevitori. In questo regno dell’ebbrezza, la sacerdotessa Bacbuc (nome che richiama la parola ebraica che significa appunto bottiglia), custode del sacro luogo, accompagna quel crapulone di Panurge al cospetto della divinità e gli fa cantare questa specie di ode bacchica.
O Bottiglia
misteri
tutta piena,
della vena
tua divina
versa in questa
orecchia sola
la veridica parola.
Il tuo vero a rivelare,
la mia pena ad alleviare,
te ne prego, non tardare.
Vino divino, da te lungi stanno
ogni bassa menzogna e vile inganno,
e sia Noè qual santo venerato
perché il modo di farti ci ha insegnato.
Dì tu la gran parola che disperda
il mio tormento, e così mai si perda
goccia di te, sia bianca o sia vermiglia,
o divina, profetica Bottiglia!
Col deifico liquore
che racchiudi, Bacco dà
allegrezza e verità.
O Bottiglia
di misteri
tutta piena,
della tua
divina vena
il mistero a rivelare,
te ne prego, non tardare.
(F. RABELAIS, Gargantua e Pantagruele, trad. di A. Frassineti, Milano, Rizzoli, 1984)
di Giovanni Casalegno, autore di La cucina, il cibo e i falò