A convito con Dante_ricetta pane toscano

“A convito con Dante”: intervista all’autrice Rosa Giangoia

    Iaia Barzani ha intervistato l’autrice Rosa Giangoia a proposito del suo libro A convito con Dante, terza uscita della collana “Leggere è un gusto”, ora rinnovata nel formato e nella grafica.
    L’intervista è stata inserita nel programma “Giorno dopo giorno” per la rubrica “Musica, arte & co” di Radiorizzonti inBlu e ha permesso di scoprire tante curiosità a proposito della nascita del libro: un Dante inedito, come non l’avete mai assaporato!

    Ecco la trascrizione della breve chiacchierata.
    Al fondo trovate anche la ricetta del pane toscano, inserita nel libro.


    Rosa Giangoia per Radiorizzonti inBlu

    Qual è il lavoro di ricerca che lei ha affrontato per metterci a contatto con il vivere quotidiano di Dante, in particolare a tavola?

    Il lavoro è nato a scuola; da un certo desiderio di creare qualcosa di più vivace, di più immediato, di più quotidiano con i miei ragazzi durante la lettura della Divina Commedia di Dante.
    È stato anche un modo per insegnare a fare ricerca, a ritrovare documenti e testi che parlano di quel momento storico.


    Dunque una lettura del tutto particolare.
    Ovviamente anche a quei tempi ci si metteva a tavola, ma lei l’ha letta confrontandosi con i lavori, con il peregrinare e con tutto quello che ha affrontato nella sua vita.

    Certamente, partendo da spunti, anche piccoli, del testo.
    E questo lavoro di ricerca è stato molto interessante e anche molto utile perché in certi casi ha permesso di capire meglio il testo dantesco, che presenta ancora molte occasioni di approfondimento.
    Questo lavoro sulla gastronomia ha permesso di capire meglio anche certi vocaboli del linguaggio dantesco.


    In quest’ottica lei affronta e legge tantissimi personaggi, a partire per esempio da Farinata degli Uberti e poi molti altri…

    Sì certo, anche Cangrande o la corte di Verona. Oppure l’episodio del dialogo di Dante con l’antenato Cacciaguida dove c’è il vocabolo “aggrume”; noi riportiamo la parola “agrumi” a un certo tipo di frutto mentre nel lessico del tempo indicava tutto quello che può avere un sapore sgradevole, come ad esempio le cipolle, i porri, l’aglio… C’è quindi uno spostamento di campo semantico. Sono tutte piccole curiosità che riescono ad avvicinarci al tempo di Dante.


    Parlava di sapori sgradevoli ma nel libro ci sono anche i dolci. Un dolce che non tutti conosceranno è la “spungata”, un dolce sarzanese.

    Sì un dolce sarzanese, dal nome particolare: “spungata” ci riporta all’idea di spugna. Lo zucchero a quel tempo era un bene prezioso e non veniva usato per dolcificare; per questo scopo si usava in parte il miele, ma soprattutto certi frutti con lunghi tempi di cottura. Nel caso di questo dolce lo zucchero viene messo sopra, leggermente inumidito con l’acqua per cui cuocendo genera poi una crosta che ha una configurazione a spugna.


    Il dolce è legato all’andare di Dante nella zona del sarzanese per mediare una contesa?

    Certo, il rapporto che ha avuto Dante con Moroello Malaspina e con altri personaggi della zona è ancora oggetto di studio. Recentemente sono uscite ricerche sui movimenti di Dante in Liguria, anche se ancora non è stata chiarita la grande avversione di Dante nei confronti dei genovesi.
    C’è poi da dire che la Liguria a quei tempi non era facilmente percorribile per terra quindi è difficile ricostruire con precisione i percorsi che Dante avrebbe potuto fare.


    Dante e la gola, lei inizia il suo volume parlando di questo.

    La gola è un peccato capitale e Dante lo punisce, classificandolo però tra i meno gravi.
    Dante si rifà probabilmente alla teorizzazione dottrinale di Tommaso d’Aquino che è la fonte per tutto ciò che è classificato come dogma per Dante. Il mangiare e il bere vengono visti come qualcosa che deve avere un limite perché mettono in repentaglio il dominio di sé, diventano quindi peccato quando non permettono più di essere consapevoli del proprio vivere e del proprio autodeterminarsi.


    Ricetta del pane toscano

    Ingredienti

    300 + 100 + 400 g farina
    200 + 100 + 50 g acqua appena tiepida
    8 + 8 g lievito di birra
    olio extra vergine di oliva

    Procedimento

    Per preparare una pagnotta di pane occorre impastare 300 grammi di farina con 200 grammi d’acqua appena tiepida in cui si siano fatti sciogliere 8 grammi di lievito di birra. Far riposare per 12 ore quest’impasto.
    Il giorno dopo, aggiungere all’impasto lievitato 100 grammi di farina e impastare ancora unendo circa 100 grammi d’acqua per ottenere un impasto morbido. Ungere quest’ultimo impasto con un velo d’olio e farlo riposare per 24 ore.
    Il giorno successivo (il terzo!), sciogliere altri 8 grammi di lievitodi birra in 50 grammi di acqua tiepida, intridere altri 400 grammi di farina, impastarla e incorporarla nell’impasto precedentemente fatto lievitare.
    Impastare accuratamente per circa un quarto d’ora, formare una pagnotta oblunga e metterla a lievitare per un’ora e mezzo circa.
    Cospargere la superficie del pane ormai ben lievitato con un po’ di farina e infornare, prima a forno caldo 220 °C per 10minuti, poi abbassare la temperatura a 180-190 °C e continuare la cottura per altri 40 minuti circa.
    Sfornare e far intiepidire su una gratella.

     

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