Emilio Praga

    I poeti della Scapigliatura hanno esaltato la trasgressione ai canoni della società e della cultura borghese del secondo Ottocento. Tra questi, chi ha perseguito fino in fondo un’esistenza “maledetta” è stato Emilio Praga (1839-1875), poeta e pittore morto giovane, nella miseria e nell’etilismo. In diverse sue poesie troviamo l’esaltazione del vino e dell’ebbrezza come ricerca dell’ispirazione poetica, come in questa Orgia (tratta dalla sua prima raccolta: Tavolozza), dove la ricerca della sfrenatezza baccanale, fatta di vino e di lussuria, si accompagna ad un desiderio di rinascita rispetto ad un malessere esistenziale che la sfrenatezza dionisiaca cerca di nascondere.

    Orgia

    Versate, amici, il nettare divino!

    Bruna è la notte e la face scintilla;

    spumeggi in cor coll’ispirato vino

    la musa brilla!

    Splende la face e s’avvicina il giorno:

    nei colmi nappi un’anima s’asconde;

    versate, amici, e danzatemi intorno

    e brune e bionde!

    Buia è la notte, e miagolan sui tetti

    come bimbi sgozzati i gatti amanti;

    cantiam, cantiam gli sprigionati petti,

    le trecce erranti,

    le tese braccia delle danzatrici!

    Splende la face, amiamoci e beviamo;

    è dolce sussurrar fra nappi e amici:

    fanciulla, io t’amo!

    Fra gli sprizzi del vin, come, a vederla,

    la schiera delle amanti è più gentile!

    Son come i fior che la rugiada imperla

    ai dì d’aprile.

    Versate, amici, il nettare divino!

    Bruna è la notte, e la face scintilla;

    spumeggi in cor coll’ispirato vino

    la musa brilla!

    Poggiam le tazze, ed accozziam canzoni,

    l’anima e il corpo insieme pèrdono il petto,

    e a conto nostro danzino i demoni

    nel loro inferno!

    Brindisi ad essi, e agli angeli dei cieli,

    brindisi al sole, e agli astri pellegrini,

    brindisi al mare, al fulmine e agli steli

    dei fiorellini!

    Splende la face, e s’avvicina il giorno;

    nei colmi nappi un’anima s’asconde!

    Versate, amici, e danzatemi intorno

    e brune e bionde!

    Tutti, tutte, ahi! corrà l’eterna notte

    dopo queste d’amor fulgide notti;

    morrem noi pur, frammisti alle bigotte

    ed ai bigotti;

    ma di costor la vivida natura

    ritemprar non potrà, col cener molle,

    che ortiche e rovi e squallida verdura

    d’aglio e cipolle.

    Dalle ceneri nostre, ancor frementi

    del vasto incendio che abitò le salme,

    evviva, amici! nasceranno ai venti

    platani e palme.

    (E. PRAGA, Tavolozza-Penombre, a cura di A. Romanò, Bologna, Cappelli, 1963)

    di Giovanni Casalegno.

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