Orazio

    orazio
    Il poeta essays for sale latino del vino per eccellenza è sicuramente Quinto Orazio Flacco (65 a.C. – 8 a.C.). Tante sono le sue Odi in cui si parla di vino. Propongo la XXI del III libro, quella dedicata a un’anfora.

    Il homework service contenitore viene qui trattato come fosse una divinità. Il suo merito è quello di conservare a lungo il pregiatissimo “massico vino” (l’attuale DOC Falerno del Massico), forse il vino più apprezzato dell’antichità, L’anfora lo ha conservato come fosse una reliquia per quasi 40 anni e ora è il tempo di berlo durante il banchetto organizzato da un amico.

    È l’occasione per celebrare metonimicamente il prezioso contenuto, che incarna le migliori virtù della nobile bevanda: cura gli affanni, dà forza e coraggio, accende la fantasia e fa uscire i migliori pensieri, Sarà il compagno di tutta una notte di libagioni, fino all’arrivo del sole.

    O nata con me quand’era console Manlio,

    sia che tu provochi lamenti oppure scherzi,

    o risse o folli amori,

    oppure, anfora amica, agevole sonno,

    per qualunque occasione prescelto il massico

    vino conservi, tu degna d’essere smossa in un giorno

    propizio, discendi! Corvino vuole

    che s’imbandiscano vini alquanti maturati dal tempo.

    Egli, sebbene trasudi di discorsi socratici,

    non sarà così arcigno da sdegnarti;

    si narra che anche al vetusto Catone

    il vino spesso la virtù riaccese.

    Tu l’estro per lo più restio

    desti infondendo assillo delizioso;

    tu sveli gli affanni dei sapienti e i loro

    disegni arcani con Lieo giocoso;

    tu riporti speranza agli animi ansiosi

    e aggiungi forze al povero e coraggio:

    poi non teme corone d’iracondi

    monarchi né armi di guerrieri.

    Libero e Venere, se anche lei

    Assista lieta, e le Grazie, così lente a sciogliersi,

    e splendenti lucerne ti faranno durare

    finché Febo tornando fughi gli astri.

    (Odi, trad. di L. Canali, in Tutte le opere, intr. di N. Rudd, Milano, Mondadori, 2007)

    di Giovanni Casalegno, autore de La luna, il cibo e i falò

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