Gelsomino

    Il gelsomino è un fiore originario dell’Asia centrale il cui nome deriva dall’antico persiano ya-samïn. E’ molto diffuso in India, per confezionare ghirlande, e nel mondo arabo, in cui c’è la credenza che il paradiso sia profumato di gelsomino poiché esso simboleggia l’amore divino. Le prime notizie sul suo arrivo in Italia testimoniano che fu introdotto dagli Arabi in Sicilia nel IX secolo d.C. Ben presto si diffuse nella nostra penisola e in particolare in Toscana, per cui compare già nel Decameron del Boccaccio (Introduzione alla III giornata) come fiore ornamentale dei giardini: (…) e tutte allora fiorite si grande odore per lo giardin rendevano (…) pareva loro essere tra tutta la spezieria che mai nacque in Oriente. Le latora delle quali vie tutte di rosa bianchi e vermigli e di gelsomini erano quasi chiuse (…). Avrà poi un’ampia diffusione nei giardini dei Signori italiani, in particolare a Firenze, per la passione botanica e la predilezione di Cosimo de’ Medici. Per questo entrerà nella pittura del Rinascimento con significati derivanti dalla simbologia cristiana e, insieme alla rosa e agli altri fiori bianchi e profumati, verrà accostato alla Madonna, a Gesù Bambino e agli angeli.

    Anche G.B. Marino nell’Adone (XII 164) lo annovera tra i fiori che più elegantemente ornano i giardini:

    La rosa le sue foglie ha tutte quante

    fatte di puro oriental rubino,

    il bianco giglio d’indico diamante,

    di lucido cameo l’ha il gelsomino,

    di zaffir la viola e fiammeggiante

    il bel giacinto è di giacinto fino.

    Di topazio il papavere si smalta

    e di schietto crisolito la calta.

    In poesia è universalmente presente fin dai più antichi testi indiani. Basta ricordare il prologo del dramma Sakuntala di Kalidasa (IV-V sec. d.C.), in cui leggiamo:

    Donne sensuali

    per l’amore estivo

    intrecciano orecchini di fiori

    con fragili petali di gelsomino,

    mentre le api selvatiche

    li baciano dolcemente.

    E’ cantato anche in testi persiani, fin dalle quartine (ruba ‘yyat) di ‘Omar Khayyam (XI-XII sec.):

    Mi si dice: “Non bere più, Khayyam!”

    Io rispondo: “Quando ho bevuto sento

    Quello che mi dicono le rose,

    i tulipani e i gelsomini.

    Io sento anche quello che non può

    dirmi il mio amato bene”.

    Numerose sono le leggende, soprattutto medio-orientali, che hanno questo fiore come protagonista, di cui possiamo trovare eco anche nelle Mille e una notte con le storie di Shehrazade o della bella beduina Yasmine, trasformata proprio in candido gelsomino.

    In tempi moderni a cantarlo sono stati poeti di tutto il mondo, da Edmond Rostand nel Cyrano de Berberac (1897):

    Questa notte, questi profumi,

    quest’ora, la natura

    (…)

    lungo i rami del gelsomino!

    a Giorgio Seferis (1900-1971):

    Se annotta

    se albeggia

    resta bianco

    il gelsomino

    fino alla bellissima poesia di Rabindranath Tagore (1861-1941) I primi gelsomini:

    Ah! Quei gelsomini! Quei bianchi gelsomini!

    Credo ancora di ricordare quel primo giorno quando riempii

    Le mie braccia con quei gelsomini, quei gelsomini bianchi!

    Ho amato la luce del sole, il cielo e la verde terra.

    Ho ascoltato il mormorio argentino del ruscello

    nell’oscurità di mezzanotte.

    L’autunno e i tramonti mi sono venuti incontro,

    alla svolta di un sentiero, nella solitudine,

    come una fidanzata che solleva il suo velo

    per accogliere l’amato.

    Eppure la mia memoria rimane profumata

    da quei primi gelsomini bianchi

    che ho tenuto nelle mie mani di bambino.

    La vita mi ha regalato tanti giorni di gioia,

    tante notti di festa;

    ho confuso le mie risate con quelle di gaie compagnie.

    Nel grigiore dei mattini piovosi,

    ho canticchiato tante canzoni indolenti.

    Ho portato intorno al collo la vesperale ghirlanda

    di bakulas intrecciata dalle mani dell’amore.

    Eppure il mio cuore rimane profumato

    dal ricordo di quei gelsomini così freschi,

    i primi che riempirono le mie mani

    quando ero un bambino.

    La stupefacente meraviglia di questo fiore ci ammalia nel film d’animazione Persepolis (Francia, 2007) di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud con la suggestiva pioggia di gelsomini che prorompe dal reggiseno della nonna.

    Per goderne a lungo la fragranza possiamo preparare la

    Confettura di gelsomino

    Raccogliere dopo il tramonto circa 200 grammi di fiori di gelsomino ben sbocciati e ben asciutti, successivamente pestarli in un mortaio fino a ridurli in poltiglia.

    Nel frattempo mettere al fuoco 600 grammi di zucchero semolato con 100 grammi di acqua e far sciogliere a fuoco dolce, facendo attenzione che lo zucchero diventi liquido, ma non caramelli. Mentre il composto è ancora molto caldo unire la poltiglia di gelsomini e mescolare con cura. Riempire subito dei piccoli vasetti a chiusura ermetica.

    Questa confettura è ottima fredda e in estate potrà essere molto gradevole disciolta in piccole dosi in acqua fresca o aggiunta ad insaporire gelati dal gusto poco marcato (fiordilatte, riso, yogurt).

    di Rosa Elisa Gangioia

    fotografia di Lenny

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