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“La rivoluzione della tenerezza”: intervista all’autrice Antonella Sagone
In occasione della prossima uscita del suo libro La rivoluzione della tenerezza, abbiamo intervistato Antonella Sagone, psicologa in area perinatale, formatrice e consulente professionale in allattamento IBCLC. L’autrice si sofferma in particolare sulla necessità fondamentale per i neogenitori di costruire una comunità di altre famiglie con le quali confrontarsi come genitori, ricevere sostegno, poter condividere le esperienze e i vissuti e crescere insieme.
Intervista ad Antonella Sagone
Fino a una sessantina di anni fa un genitore era sostanzialmente sicuro di sé e per lo più adottava con i figli un approccio condiviso dall’intera società. Poi, dalla fine degli anni Sessanta, progressivamente, ogni certezza è entrata in crisi. Attualmente sembra che ogni famiglia sia allo sbaraglio, molto confusa in mezzo alle decine di proposte pedagogiche. Ti ritrovi in questa riflessione? Se sì, come venirne a capo?
Sicuramente c’è molto disorientamento nei genitori che sono pressati da consigli di ogni tipo e da teorie contrastanti. Spesso si rivolgono ai social o alla rete in cerca di risposte e indicazioni, ma ricevono solo altri consigli incoerenti.
L’unica cosa che possiamo fare è fornire informazioni basate sulle evidenze e allo stesso tempo sostenere e accogliere in modo incondizionato i sentimenti dei genitori e soprattutto ascoltarli veramente, senza giudicarli, in modo da aiutarli a riconnettersi con il loro senso interiore e al loro potenziale, e rafforzare la loro autonomia.
Quanto è importante la formazione di un gruppo di famiglie simili alla propria, visti anche i tempi attuali che sembrano portare a un sempre maggiore isolamento?
Per i neogenitori far parte di un gruppo di pari è un’esperienza fondamentale.
Al giorno d’oggi le famiglie soffrono della mancanza di un villaggio, di una comunità di altre famiglie con le quali confrontarsi come genitori, ricevere sostegno, poter condividere le esperienze e i vissuti, crescere insieme. Incontrarsi di persona, poter vedere con i propri occhi altri genitori in azione, altri bambini nella loro realtà, e poter usufruire dell’esperienza sensoriale completa (non solo parole, ma anche gesti, sguardi, toni di voce, contatto fisico) è un presupposto insostituibile e prezioso per costruire la propria competenza e fiducia in sé, oltre all’occasione per la nascita di una rete di sostegno.
Le reti sociali possono essere effettivamente d’aiuto o anche lì si nasconde qualche rischio?
Le comunità virtuali, come i social, hanno in parte riempito questo vuoto e sono certamente fondamentali per permettere a genitori isolati di trovare confronto e risposte rapide e senza il limite dei confini geografici; tuttavia c’è il rischio di creare l’illusione di una comunità senza realmente dare la vera condivisione e sostegno sociale: nulla può sostituire la ricchezza che gli incontri in presenza offrono.